C’è una parola che fa paura a tutte le persone: ufficialmente, in Italia, si chiama “Interruzione Volontaria di Gravidanza” o più semplicemente “Ivg”. Quella parola è aborto.
Fa paura per tanti motivi diversi: per alcune persone si tratta di un atto violento, per alcune è paragonabile a un omicidio, per altre è la rinuncia alla vita. Per alcune persone è l’unica soluzione.
Quelle due linee blu che compaiono su un bastoncino di plastica, per ogni persona hanno un significato diverso. Quello che è certo, chiunque tu sia, è che la tua vita sta inevitabilmente per cambiare e non è sempre una bella cosa.
Chi ricorre all’aborto?
Chi non cercava una gravidanza ma, per qualche motivo, si è trovata ad affrontarla. Chi non ha i mezzi per crescere un figlio o una figlia. Chi non ne ha l’età. Chi non può permetterselo. Chi magari vorrebbe, ma scopre di avere problemi di salute. Chi non è nel momento giusto della propria esistenza per prendersi cura di una nuova vita. Chi è arrivata alla gravidanza non con un gesto d’amore. Chi affronta una gravidanza problematica. Chi ha diagnosi spiacevoli.
Chi, semplicemente, un figlio o una figlia, non l3 vuole.
Perché quello di mettere al mondo una nuova vita è sì un lavoro che, al momento, solo una donna può svolgere, ma non è detto che debba volerlo fare per forza. Non è assolutamente detto che quello sia il suo scopo. Non è in alcun modo detto che quello sia un suo desiderio.
E non dovremmo, il più possibile, cercare di fare della nostra vita quello che più ci rende persone felici e complete? Soddisfatte?
Essere figli e figlie non volut3 non è una bella cosa e difficilmente apre le porte a una vita serena.
[“Eh, ma si può sempre dare in adozione” è il classico commento di chi probabilmente poi è contrario alla gestazione per altri, quindi non entro neanche in questo argomento.]
Oggi in Italia qualsiasi donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
Deve però trovare il medico disposto a farlo (63,4% dei ginecologi, 40,5% degli anestesisti e 32,8% del personale non medico risultano essere obiettori di coscienza. Dato Istituto Superiore di Sanità).
Se questo non bastasse, è stata messa in atto una raccolta firme a livello nazionale allo scopo di costringere il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza, a mostrare un’ecografia del feto alla donna intenzionata ad abortire e farle ascoltare il battito cardiaco. Una pratica a dir poco sadica e violenta nei confronti di una persona già in estrema difficoltà.
Sembra follia, ma a Torino la “Stanza per l’ascolto” è stata aperta proprio pochi mesi fa: uno sportello in un ospedale pubblico, finanziato con fondi pubblici, gestito da un’associazione antiabortista, per convincere le donne a non abortire a prescindere dalle loro motivazioni.
In Italia, per ora, va così. Nel resto del mondo?
Nel giugno del 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha posto fine al diritto costituzionale di abortire, sancito a livello federale nel paese, e ha restituito agli stati la facoltà di regolamentare la procedura. Su 50 stati, 11 sono “ostili” riguardo l’aborto, 13 ne hanno imposto un severo divieto.
In alcuni paesi del mondo, l’aborto è vietato in maniera assoluta, anche se ci fossero rischi per la salute e addirittura la vita della donna coinvolta: rimanendo in Europa, tra questi c’è Malta.
Ci sono anche buone notizie, però.
Nel Regno Unito sono state create, recentemente, delle “zone di accesso sicuro”: delle aree cuscinetto in cui gli attivisti anti aborto non possono accedere per manifestare e provare a convincere le donne a portare a termine la gravidanza.
La Francia, invece, nel 2024 è stato il primo Paese al mondo a inserire l’aborto nella Costituzione, garantendo così la libertà di scelta delle donne francesi.
Ci sono quindi tante situazioni diverse: da un lato molto gravi e preoccupanti, ma da un altro che danno speranza. Forse ce la possiamo fare.
Proviamo a fare già solo un piccolo ragionamento: le persone contrarie all’aborto vengono definite come “movimento pro-vita”. Ma di che vita stiamo parlando?
Perché se parlassimo dal punto di vista della madre, di quella persona che sta incubando qualche cellula in crescita, non ci sarebbe neanche da porsi il problema: è lei che ha tutto il potere decisionale sul proprio corpo, sulle proprie condizioni e, sì, sulla propria vita.
Invece no, si parla di una vita che non è ancora in essere, che è in forse, che potrebbe come non potrebbe, che non si sa.
Si parla di tutelare una vita in potenza invece di una persona vera, fatta e finita.
Lei, la donna, dovrebbe essere quella tutelata, quella salvata. Lei!
Siete pro-vita, ma non vi piacciono le adozioni da coppie che non rientrano nei vostri schemi; siete pro-vita, ma combattete la gestazione per altri; siete pro-vita, ma non vi interessa tutelare le madri. Insomma, siete pro-vita solo quando vi viene comodo.
Lasciatevelo dire, non siete pro-vita, siete solo ignoranti.
E gli ignoranti dovrebbero star zitti.
Pepita